L’anno in cui imparai a raccontare storie

L’anno in cui imparai a raccontare storie di Lauren Wolk, Salani, 2018 (traduzione di Alessandro Peroni)

Classificazione: 4 su 5.

L’anno in cui imparai a raccontare storie di Lauren Wolk è un’opera che tocca il cuore e stimola la mente, incapsulando non solo un viaggio di crescita personale ma anche una profonda riflessione sui legami familiari, l’identità e il potere delle parole.

Siamo negli Stati Uniti degli anni ’40, un periodo non proprio privo di contrasti sociali in un mondo che si trovava stretto tra le restrizioni della guerra e la nascita di un nuovo equilibrio globale.
Qui si svolge il racconto che ha per protagonista la giovane Annabelle , che affronta le sfide dell’adolescenza mentre cerca di trovare la propria voce in un mondo che sembra costantemente in crisi. La sua personalità curiosa è il fulcro della storia, poiché il lettore è guidato attraverso le sue esperienze e i suoi conflitti interiori.
Crescendo in un contesto sociale quasi bucolico, Annabelle si ritrova a lottare con i suoi sogni e le sue aspirazioni, bilanciando le aspettative della famiglia con il desiderio di essere ascoltata e compresa.
Accanto a lei si muovono personaggi secondari che, alla fine, tanto secondari non sono: la madre, ad esempio, rappresenta il senso di responsabilità e l’amore incondizionato, mentre suo padre incarna la figura autoritaria che spesso pone pressioni sulle spalle della giovane protagonista.
La dinamica familiare è complessa perché comprende anche i fratellini, i nonni e la zia che a volte sono ancore di salvezza, altre tempeste improvvise, ma alla fine portando il lettore a riflettere su quanto i legami influenzino la formazione della propria identità e le scelte personali.
E poi c’è la nuova compagna di classe, Betty, arrogante e prepotente che ha come passatempo quello di bullizzare Annabelle.

Uno dei principali valori sociali del libro è l’importanza della narrazione come strumento di connessione. In un’epoca di cambiamenti tumultuosi, dove la società si confronta con questioni di razza, giustizia sociale e identità (assolutamente attuale!), la Wolk utilizza le esperienze di Annabelle per esplorare come le storie possano fungere da ponte tra le persone. Attraverso il processo di imparare a raccontare, Annabelle scopre che ogni storia ha il potere di unire le persone, di farle sentire meno sole nelle loro lotte e di dare voce a chi spesso rimane in silenzio.

Il libro affronta anche il tema della crescita e delle sfide interiori. Annabelle deve affrontare non solo le difficoltà esterne, ma anche quelle interne, come la paura del rifiuto e l’incertezza riguardo al futuro. Questo aspetto della trama rende il libro estremamente rilevante per i lettori giovani, che possono facilmente identificarsi con le ansie e le preoccupazioni della protagonista, ma è anche un promemoria per il pubblico più adulto di quanto possa essere liberatorio guardare il mondo senza filtri e imparare ad ascoltare l’altro prima di giudicarlo.
Non ha caso è stato definito come il nuovo Il buio oltre la siepe.

In L’anno in cui imparai a raccontare storie, Lauren Wolk offre un potente tributo al valore delle storie e alla forza intrinseca che ognuno di noi ha nel raccontarle. Attraverso il viaggio di Annabelle, il lettore è invitato a riflettere sulle proprie esperienze e a considerare come la narrazione possa trasformare non solo le vite individuali, ma anche intere comunità. La capacità di raccontare storie è una risorsa fondamentale nella costruzione dei legami sociali e nell’affermazione dell’identità.
Il libro non è solo una lettura affascinante; è anche un invito a ogni lettore a esplorare le proprie storie, a consapevolizzarsi e a usare le parole come strumenti di cambiamento.


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