Se morisse mio marito

Se morisse mio marito di Agatha Christie, Mondadori, 2019 (traduzione di Rosalba Buccianti)

Un delitto pianificato con estrema perizia e mette a dura prova le cellule grigie di Hercule Poirot in un susseguirsi di eventi che, all’apparenza, non hanno nulla in comune ma che disegnano una trama fitta e spietata.

Questa volta è il delitto che cerca Poirot. L’investigatore è impegnato a godersi una cena con il suo amico Hastings quando viene avvicinato dall’attrice Jane Wilkinson che, in imbarazzo, gli chiede un grande favore: la donna è sposata con il ricco lord Edgware, molto più anziano di lei e di indole eccentrica e scontrosa, cosa che ha portato la coppia a separarsi già da qualche tempo. Ora la donna vorrebbe il divorzio per poter essere finalmente libera, ma il marito rifiuta categoricamente.

La Wilkinson chiede allora a Poirot di intercedere per lei e convincere il lord ad acconsentire al divorzio.

Con sue enorme sorpresa, però, Poirot scoprirà che lord Edgware non solo è favorevole al divorzio, ma ha già accettato con una lettera inviata alla moglie sei mesi prima.

Tutto risolto? Niente affatto!
Solo il giorno dopo l’anziano lord viene trovato assassinato.

La regina del giallo mette in scena una trame degna di un teatro, con personaggi che appaiono e scompaiono dietro le quinte, con delitti che sembrano impossibili e attori che non sono dove dovrebbero.
Un gioco di logica che stuzzica il celebre investigatore belga e che costringe il lettore a leggere tra le righe per poter arrivare alla soluzione finale.

Una curiosità: nel 1985 venne realizzata una trasposizione cinematografica (Tredici a tavola) nella quale compare anche David Suchet nei panni dell’ispettore Japp (e con Peter Ustinov come Poirot); nel 2000, in una nuova trasposizione, ritorna Suchet nei panni, questa volta, di Hercule Poirot.