Bianca vestita di nero

Bianca vestita di nero di Angela Caputo, Atile Edizioni, 2023 [collaborazione]

Classificazione: 4.5 su 5.

Come si può sconfiggere il male quando sembra aver inghiottito ogni cosa? Come si può trovare la forza di vedere oltre le imposizioni sociali? Come si può rimanere fedeli agli ideali quando odorano di morte?

Angela Caputo ci regala un romanzo avvincente e intenso nel quale racconta le vicende della Seconda guerra mondiale da un punto di vista insolito e spesso dimenticato, ma proprio per questo bisognoso di essere tenuto vivo perché la dimenticanza è il peggior peccato che si possa compiere verso il passato.

Ci sono più storie raccontate in questo romanzo: la prima è la Storia, quella con la S maiuscola che traccia confini politici e narra di deportazioni e torture. Ѐ la Storia che entra di prepotenza nei libri di scuola e che si osserva da lontano.

La seconda è la storia, quella che non può staccarsi dallo sfondo ma che si carica di un gusto personale, di una morale individuale e che, con il suo incedere, finisce col tracciare il percorso della Storia.

La terza è la storia di Bianca e Goran: lei una ragazza fedele ai dettami fascisti, lui un ebreo.

Sebbene vengano spesso raccontati gli orrori di Auschwitz, Dachau, Mauthausen, Buchenwald o Treblinka, ci si dimentica degli altri campi di concentramento, quelli italiani, che hanno una storia tutta loro e che sarebbe bene conoscere.

Dopo l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, Mussolini diede ordine di costruire campi di concentramento sul suolo italiano: il 20 giugno 1940 apriva le sue orribili porte il campo di internamento di Ferramonti di Tarsia (in provincia di Cosenza), accogliendo un primo gruppo di 160 ebrei provenienti da Roma.

Tre anni dopo, al momento della liberazione, erano più di duemila le persone che avevano varcato quella soglia.

Dei quindici campi di internamento voluti da Mussolini, quello di Ferramonti di Tarsia era il più grande, il primo ad essere liberato e, curiosamente l’ultimo ad essere chiuso.

Angela Caputo è dotata di una spiccata sensibilità e di un metodo quasi scientifico: riesce a vedere tra le pieghe della storia e con un rigore affascinante permette ai suoi personaggi di mettere in scena la narrazione rimanendo sempre un passo indietro ma senza far mai sentire la mancanza di una supervisione attenta.

Il lavoro di questa giovane autrice è doppiamente importante: prima di tutto perché racconta di una pagina di storia italiana meno nota e che dovrebbe, invece, essere raccontata molto più spesso e in maniera distaccata (come riesce a fare benissimo la Caputo) e, in secondo luogo, perché consente una riflessione personale e profonda sulla distinzione tra bene e male.
L’invito è quello a riconoscere il valore delle singole parti e mediare tra di loro: Bianca è una fascista, ma è anche innamorata di Goran, un ebreo. Questa impossibilità di tracciare una linea netta tra due parti così contrapposte è il valore aggiunto di questo romanzo.

I protagonisti, attorno ai quali ruotano numerosi altri personaggi interessanti, sono strutturati in maniera impeccabile e diventa difficile non sentirsi coinvolti nel loro mondo.

Mi svegliai di soprassalto. Era mattino. Faceva già così caldo che avevo trovato i capelli bagnati e appiccicati al cuscino, anch’esso umido. La camicia da notte di raso, color lilla, era inzuppata tra la schiena e le gambe. Chiusi gli occhi, rassegnata e infastidita. Pensai fosse arrivato il ciclo. Feci un sospiro, alzai le lenzuola e aprii gli occhi. Ero sicura che avrei trovato il letto sporco di sangue. Invece no, era sudore. Poi feci mente locale: non era quello il mio periodo. Da pochi anni ero diventata donna e da qualche mese avevo varcato la soglia dei ventuno anni. Ormai tutti in famiglia avevano smesso di attribuirmi appellativi come “piccola”, “bambolina”. Adesso finalmente si erano decisi a chiamarmi col mio vero nome, Bianca Elena, meglio Bianca.

Bianca vestita di nero

Eccola qui, Bianca, una ragazza che si affaccia alla vita, appena riappropriatasi del suo vero nome e ansiosa di ritagliarsi il suo spazio fuori dalla fanciullezza. Bianca, che si aspetta di trovare il sangue nel letto, elemento vitale e auspicio di fecondità, si troverà a vivere in un’epoca di guerre, di perdite e miserie umane.

Goran, invece, vive nel campo di internamento dove, sebbene le condizioni non siano nemmeno paragonabili alle tragedie dei campi più famosi, rischia di essere sconfitto e cancellato psicologicamente. Per sopravvivere, Goran si crogiola nei ricordi, nel tempo passato che è testimone di un mondo nel quale lui (e tutti gli altri) sono esistiti ed erano vivi, erano persone.

In questo romanzo dallo stile asciutto e scorrevole, l’autrice ha il grande dono di mettere il lettore davanti a sé stesso imponendogli di prendere posizione al cospetto degli eventi del passato (ma anche a quelli del futuro) poiché, come scriveva Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate: anche le nostre”.

Angela Caputo è originaria di Giarre (CT), ma da tempo vive a Sacile (PN). Laureata in Lettere classiche, ha lavorato come giornalista pubblicista, editor, ghostwriter e correttrice di bozze. Ha dedicato il suo tempo ad approfondire la conoscenza della storia moderna e della Seconda guerra mondiale (e della Shoah) proponendoci oggi un romanzo completo, ben scritto e importante per non dimenticare il passato del nostro Paese.


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