Libri in poltrona: Il fantasma di Canterville

Un racconto divertente, ironico e ricco di compassione. Il Fantasma di Canterville è uno dei capolavori di Oscar Wilde e oggi sarà il protagonista dei nostri Libri in poltrona: mettetevi comodi!

Era il 1887 quando Oscar Wilde pubblicò sulla rivista The Court and Society Review un racconto destinato a un immediato successo: Il fantasma di Canterville.
Questo racconto ci permette, forse meglio di altri scritti di Wilde, di mettere a fuoco le caratteristiche principali della scrittura di questo autore: ironia, sensibilità e una attenta capacità di analisi della società.

La trama è, come lo era stata quella del Don Chisciotte qualche secolo prima, una lucida analisi del mondo che cambia, di una società arroccata che si incontra (e si scontra) con la modernità.
La vicenda inizia quando il vice-ambasciatore americano, Haram Otis, acquista Canterville Chase, una sontuosa magione appartenente alla famiglia Canterville da secoli e piena di quel gusto decadente tipico della fine dell’Ottocento.
Lord Canterville avvisa, per senso della morale, il vice-ambasciatore che nella casa abita un fantasma ma questi non se ne preoccupa e vi si trasferisce immediatamente con la famiglia composta dalla bellissima moglie, dal figlio maggiore Washington, dalla tenera Virginia e da una coppia di pestiferi gemelli che vengono chiamati Stelle e Strisce.
La loro permanenza è subito turbata dalla governante, la signorina Umney, che conferma ai padroni di casa la presenza di uno spirito, quello di Sir Simon Canterville che uccise la moglie in quella stessa dimora nel lontano 1575 e il cui luogo del delitto è ancora visibile in salotto a causa di una macchia di sangue che non si riesce a togliere.
La famiglia americana non si scompone e tenta subito di eliminare la macchia.
Quella stessa notte il fantasma di Simon Canterville farà la sua prima apparizione ma resterà molto deluso, e a tratti turbato, dalla mancanza di effetti che genera la sua presenza.
Nessuno, infatti, sembra essere spaventato da lui, anzi, i gemelli metteranno a segno una serie di scherzi che finiranno per deprimere il fantasma e, in alcuni casi, persino per mettergli paura.
Sir Simon Canterville, trovandosi senza uno scopo, cadrà in una sorta di depressione dalla quale solo la compassione della tenera Virginia potrà salvarlo donandogli la pace che attende da secoli.

Wilde ci consegna un testo pieno di ironia che mette in contrapposizione l’aristocrazia inglese con le sue attenzioni ai dettagli cerimoniosi e la pratica società americana che trova sempre una soluzione.

«Neanche noi ci abitiamo più volentieri», disse Lord Canterville, «dal giorno in cui la mia prozia, la vecchia duchessa di Bolton, si spaventò al punto di avere una crisi dalla quale non s’è mai veramente rimessa: mentre si stava vestendo per il pranzo, le mani di uno scheletro le si posarono sulle spalle. Inoltre sento il dovere di dirle, signor Otis, che il fantasma è stato scorto anche da diversi altri membri viventi della nostra famiglia, come pure dal parroco, il reverendo Augustus Dampier, che insegna al King’s College di Cambridge. Dopo lo sfortunato incidente capitato alla duchessa, nessuno dei domestici più giovani è voluto rimanere presso di noi e spesso mia moglie, Lady Canterville, non riusciva a dormire di notte per i misteriosi rumori che venivano dal corridoio e dalla biblioteca».
«Signore», rispose il diplomatico, «sono disposto ad acquistare insieme con i mobili anche il fantasma. Io vengo da una nazione moderna in cui è possibile avere tutto ciò che il denaro può comprare, inoltre con tutti i nostri intraprendenti giovanotti che stanno mettendo a soqquadro il vostro vecchio mondo, e accaparrandosi le vostre migliori dive e primedonne, sono certo che se in Europa esistesse davvero qualcosa di simile a un fantasma, l’avremmo già trasferito da noi in men che non si dica per sistemarlo in un museo o esibirlo in tournée».

Il fantasma di Canterville, Oscar Wilde

Questo scambio di battute tra Lord Canterville e Haram Otis che avviene proprio all’inizio del racconto contiene il senso di tutta la vicenda: si noti non solo la contrapposizione delle idee ma la differenza con la quale vengono esposte.
Il linguaggio dell’aristocratico inglese è pomposo, preciso e abbondante di informazioni: tutti i personaggi che nomina nel breve racconto sono presentati con il loro titolo e le rispettive referenze per cui la prozia è duchessa di Bolton e il parroco non solo ha un nome e cognome, ma anche uno luogo di lavoro (il Kin’s College di Cambridge) che ne attesta l’integrità e la capacità di giudizio. Lord Canterville sente il bisogno di titolare persino la moglie anche se non ce ne sarebbe davvero bisogno.

Al contrario, Haram Otis usa un linguaggio spicciolo, allusivo e poco preciso (“i nostri intraprendenti giovanotti” e “le vostre migliori dive e primedonne”). Il diplomatico non si scompone davanti all’idea di acquistare una dimora infestata, anzi, l’idea lo stuzzica poiché per la sua mentalità un fantasma è un’attrazione che può essere acquistata come un soprammobile.

Wilde compie un lavoro straordinario nel criticare non solo la società inglese (così moralista da obbligarlo a morire in esilio), ma anche il freddo materialismo americano per il quale tutto è acquistabile. I valori espressi dalle due nazioni sono completamente differenti.

Quando, alla fine del racconto, Wilde mette nuovamente in conversazione questi due personaggi avviene qualcosa di inaspettato: Lord Canterville rifiuta i gioielli che il fantasma ha lasciato come omaggio a Virginia e il signor Otis si trova a dover fronteggiare una situazione inedita.
I gioielli sono un’eredità e quindi per lui sarebbe doveroso restituirli ai legittimi proprietari e ci si aspetterebbe che Lord Canterville li accettasse come retaggio del glorioso passato della propria famiglia e delle proprie origini, ma l’inglese non li accetta esponendo il rifiuto con un senso pratico che lascerà interdetto il signor Otis. Wilde, in questa conclusione, inverte i ruoli e li annulla con una maestria perfetta. La compassione di Virginia è in grado di alterare gli equilibri della società.

Persino il senso di appartenenza è agli antipodi: Lord Canterville è preceduto dai suoi titoli nobiliari che lo identificano immediatamente con un aristocratico inglese, lui è l’Inghilterra poiché l’Inghilterra è la sua aristocrazia. Haram Otis, al contrario, sente di appartenere al suo Paese e ne ostenta l’orgoglio attraverso i suoi modi ma anche con i figli: Washington, Virginia, Stelle e Striscie.

Il successo di questo racconto è immediato, ma bisogna sottolineare che Wilde è un personaggio già famoso all’epoca della pubblicazione; per la precisione è già famoso prima ancora di iniziare a scrivere.
Wilde rappresenta, infatti, un caso anomalo come autore e un affascinante esempio di modernità: la sua fama non arriva dalla letteratura ma la sua scrittura è resa famosa dal personaggio.

Oscar Wilde rappresenta qualcosa di insolito all’interno del panorama letterario inglese (ma anche europeo) dell’epoca poiché è noto per essere un ragazzo effeminato, eccentrico e incline ai colpi di scena. Diviene famoso nella società grazie agli articoli che gli dedicano i giornali locali e cresce nel pubblico la voglia di sapere cosa fa, chi frequenta e quali atti esibizionistici metterà in scena.

La sua scrittura assumerà un ruolo rilevante solo in tarda età e per un periodo di tempo estremamente breve concentrandosi tra il 1885 e il 1897, ma di lui si parlerà per tutta la vita.

Wilde incarna il personaggio moderno, quello che il pubblico ha il morboso bisogno di conoscere e che tramite la fama può poi permettersi si pubblicare.
Un netto contrasto con gli autori precedenti che arrivavano alla gloria grazie ai loro libri (e spesso postumi).
E sarà proprio la sua fama a condannarlo nella vita privata.

Ma non bisogna commettere l’errore di pensare a un uomo solamente abile nello sfruttare la sua posizione: Oscar Wilde era noto anche per la sua mente brillante capace di incantare il pubblico inglese e ancora di più americano e per le doti oratorie.

I suoi scritti sono profondi e ricchi di contenuti sapientemente dosati, cinici, a volte spietati, ma dietro le quinte si avverte sempre quel senso di sofferenza dell’anima pura schiacciata dal conformismo e dalla morale dell’epoca.
Dopo la terribile esperienza in carcere Wilde lascerà l’Inghilterra esiliandosi a Parigi dove morirà pochi anni dopo. Il suo corpo non attraverserà mai più la Manica.

Oscar Wilde ci ha lasciato meravigliose testimonianze della sua epoca attraverso romanzi (citiamo solamente Il ritratto di Dorian Gray), poesie, saggi, opere teatrali e racconti (come La casa dei melograni) che sono vere delizie come questo nel quale un povero fantasma si ritrova a scontrarsi con una società ormai cambiata che l’ha privato del proprio ruolo.


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7 pensieri riguardo “Libri in poltrona: Il fantasma di Canterville

  1. Si tratta di un breve e significativo racconto di Oscar Wilde, che ho molto apprezzato. Puntuale e precisa è la descrizione del libro riportata in questo articolo.

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