Libri in poltrona: Canto di Natale

Con i nostri Libri in Poltrona vorremmo metterci comodi a parlare di letteratura; se vi siete persi Dracula di Bran Stoker o Good Omens di Terry Pratchett e Neil Gaiman correte a recuperarli! Ma solo dopo averci seguito in questo classico del Natale.

Canto di Natale di Charles Dickens, è il racconto più famoso del mondo ambientato nel periodo natalizio, ma la sua pubblicazione, nel 1843, segna anche l’inizio del Natale moderno.

Oggi fatichiamo a immaginare un Natale senza addobbi, lucine, regali e quello spirito così tipico che si inizia a respirare (insieme a una certa frenesia) già settimane prima, eppure al tempo di Dickens non c’era nulla di tutto questo.
Nell’Inghilterra vittoriana la forbice tra ricchi e poveri era estremamente ampia: da una parte una nuova classe sociale capace di approfittare delle invenzioni meccaniche dell’epoca per accrescere il proprio capitale, dall’altra le classi più deboli, quei contadini che non servivano più per coltivare la terra e che si recavano nelle grandi città in cerca di sostentamento e che finivano spesso per essere sfruttati nelle moderne fabbriche dove potevano permettersi uno stipendio minimo in cambio di dieci o dodici ore di lavoro.

Charles Dickens conosce molto bene questa realtà.

Charles era il secondo di otto figli nati in una famiglia di ceto medio nella quale il padre era impiegato nell’Ufficio Stipendi della Marina britannica, la sua vita avrebbe potuto essere piuttosto agiata, ma i debiti contratti dal padre costrinsero i Dickens a trasferirsi nei sobborghi più poveri di Londra.

Nel 1824 il capofamiglia, John Dickens, viene incarcerato per debiti e la famiglia è costretta a vendere i propri mobili per sopravvivere; inizia un periodo durissimo per Charles che, a dodici anni, sarà mandato dalla madre a lavorare presso la Warren’s Blacking Warehouse, una fabbrica di lucido da scarpe con estenuanti turni di dieci ore.

In questo faticoso contesto sociale si formerà il desiderio di emancipazione di Charles che tornerà a scuola appena le sue condizioni economiche gli consentiranno un minimo di tranquillità.
Inizierà poi il tirocinio presso uno studio legale per diventare avvocato, ma la sua passione rimarranno il teatro e la scrittura e, alla fine, abbandonerà la carriera giuridica per avviare collaborazioni con i giornali dell’epoca pubblicando a puntate i suoi racconti che lo renderanno celebre in tutta l’Inghilterra e, successivamente, negli Stati Uniti e nel mondo.

Canto di Natale

Nel 1843, dopo un lungo viaggio negli USA che lo sconvolgerà per la situazione degli schiavi nello Stato della Virginia, pubblica con Chapman & Hall il suo capolavoro più noto, Canto di Natale (A Christmas Carol).

La trama è molto nota: Ebenezer Scrooge è talmente avaro da passare la sua vita ad accumulare denaro e tutto quello che rischia di impoverirlo economicamente lo infastidisce. Trova persino assurdo il giorno di Natale nel quale è costretto a pagare una giornata di lavoro al suo unico dipendente, Bob Cratchit, senza che questo lavori.

Scrooge vive una vita di privazioni vestendo di abiti vecchi, al lume di una candela e senza attizzare mai il fuoco per non consumare carbone. Solo fare denaro sembra tenerlo in vita.
Nemmeno il calore con cui il suo unico nipote lo circonda sembra in grado di avvicinarsi al suo cuore.

La sera della vigilia di Natale, però, qualcosa accade: il fantasma del suo defunto socio in affari, Jacob Marley, gli compare nel rigore della sua abitazione per avvisarlo dell’imminente arrivo di tre spiriti.

Scrooge, sebbene spaventato, cerca di liquidare la cosa come un episodio di cattiva digestione, non fosse che all’una di notte ecco arrivare il primo spirito, quello del Natale Passato.

Nel romanzo di Dickens si tratta di un’entità dall’aria androgina e molto luminosa che indossa una veste stretta e coperta di fiori portando in una mano un ramo di agrifoglio e uno stoppino come copricapo. La descrizione eterea di questo spirito ha fatto in modo che in molte delle trasposizioni cinematografiche e teatrali assumesse un aspetto femminile sebbene Dickens utilizzi sempre pronome neutro “it” nella sua storia, anche per aumentare il senso di mistero dell’apparizione.
Lo Spirito del Natale Passato accompagna Scrooge nella sua infanzia, mostrandogli gli anni felici nei quali era in compagnia della sorellina o alle sue prime armi come contabile nello studio del suo benefattore, Mr. Fezziwig. L’ultima scena che viene mostrata a Scrooge è l’abbandono da parte della sua fidanzata, Bella, che lo lascia perché si rende conto che per lui il denaro inizia a contare più dell’affetto.
Infastidito, Scrooge usa lo stoppino dello Spirito per spegnerlo come fosse una candela.

Canto di Natale

Nel cuore della notte arriva la visitazione del secondo spirito, quello del Natale Presente. L’apparizione viene descritta in maniera molto simile a quello che per noi è Babbo Natale: una folta barba, lunghi capelli scuri e una veste verde (il colore rosso che conosciamo oggi è dovuto a una nota bevanda gassata che ha usato questo personaggio del folclore come testimonial) orlata di pelliccia bianca con una corona di agrifoglio sul capo e una fiaccola a forma di cornucopia in mano.

Lo Spirito siede su una montagna di cibi tipici delle festività natalizie inglesi e appare come un gigante dall’aria bonaria; nonostante questo non esista a condurre Scrooge in angoscianti visioni come quella del Natale a casa del suo dipendente Cratchit, un Natale estremamente misero in una famiglia che ha ben poche risorse a causa dello stipendio misero del capofamiglia. Qui Scrooge scopre anche che il figlio minore di Cratchit, il piccolo Tim, è molto malato ma non può essere curato per via della ristrettezza economica nella quale versa la famiglia.

La scena cambia e Scrooge assiste al Natale dei ceti più bassi: ninatori, operai mercantili in mezzo al mare e i due guardiani di un faro.
L’ultima scena mostrata è a casa del nipote di Scrooge dove regna il buonumore e non manca un brindisi in favore dello zio.
Scrooge rimane sconvolto dal constatare che in ogni scena, anche nella più misera, a nessuno manca il sorriso.

Prima di scomparire, lo Spirito mostra a Scrooge due ragazzini che tiene nascosti sotto la sua lunga veste e che rappresentano l’Ignoranza e la Miseria, figli dell’avarizia con la quale le persone come Scrooge affrontano la vita.

Lo Spirito del Natale Presente è quello più interessante da osservare perché è quello che interagisce maggiormente con il protagonista (gli altri due Spiriti sono più inclini a mostrare). Questo Spirito è quello che racconta un’intera epoca e Dickens ci tiene a farcelo sapere; durante una conversazione lo Spirito racconta di avere “più di 1800 fratelli” per farci sapere con precisione di quale Natale si stia parlando (ossia uno che si trova nel cuore del XIX secolo).
Ci racconta anche dei due bambini incarnazione dell’Ignoranza e della Miseria dicendoci che sono “i figli dell’uomo”, ossia il prodotto della società di quel periodo; Dickens vive sotto il lungo regno dell’imperatrice Vittoria, un’epoca di grandi rivoluzioni industriali, scoperte scientifiche e sviluppo economico, ma anche un periodo nel quale il divario tra ricchi e poveri è estremo: i bambini venivano sfruttati nelle miniere e nelle fabbriche e la prostituzione (in particolare di giovanissime donne) divenne una vera piaga sociale. In quest’ottica lo Spirito del Natale Presente prefigura il futuro dei due bambini: il ragazzo diventerà un disgraziato sfruttato che tirerà a scampare, la bambina una prostituta se nessuno interverrà per cambiare qualcosa, ruolo che lo Spirito affida metaforicamente a Scrooge e, attraverso di lui, a ogni lettore.

Canto di Natale

Giunge, infine, lo Spirito dei Natali Futuri avvolto nella sua lunga veste nere che ne lascia intravvedere solamente una mano scheletrica: questo spirito è il più terrificante e non pronuncerà mai parola nonostante le innumerevoli richieste di Scrooge.
Questo Spirito mostrerà all’uomo gente intenta a gioire della sua scomparsa e, soprattutto, la sua assoluta solitudine nel momento della morte.
Prima di scomparire, lo Spirito conduce Scrooge nel cimitero nel quale una tomba aperta attende il suo cadavere, poco lontano si trova la tomba di Tim Cratchit, il figlio malato del suo dipendente morto per la mancanza di cure.

Scrooge si risveglia nel suo letto e la prima cosa che fa è spalancare la finestra e chiedere a un ragazzo di passaggio che giorno sia; il giovane gli risponde che è il giorno di Natale.
La redenzione di Scrooge è completa e davanti a lui si apre una nuova possibilità di essere migliore.

La trama di questo racconto (o romanzo breve) è la base di tutte le storie natalizie scritte in seguito nel quale si utilizza il Natale come un’occasione per cambiare la propria vita: libri, film, opere teatrali e canzoni non si discosteranno per decenni da questo cliché.

Il successo di Canto di Natale è immediato, al punto che prima della morte di Dickens ne verranno stampate oltre 120 riedizioni (senza contare l’enorme numero di copie pirata che inizieranno a circolare già dallo stesso anno di pubblicazione).

Dickens riesce non solo a dare voce a un’epoca, ma anche a emanciparla: la vita privata dello scrittore e i suoi dolorosi anni d’infanzia, saranno fondamentali nella stesura del racconto che a sua volta riuscirà a cambiare la società puntando il faro sui più deboli lasciati indietro dall’Era Moderna sempre più affamata di denaro e povera di empatia.

La circolazione di Canto di Natale e la sua diffusione fecero in modo che diversi ricchi borghesi e imprenditori concedessero ai loro dipendenti non più un solo giorno di ferie pagate, ma due (ecco perché oggi il 26 dicembre è festa), che altri aumentassero gli stipendi e che venissero incrementate le donazioni alle associazioni che si occupavano dei più poveri.

Dickens diede vita a una vera e propria rivoluzione culturale su scala globale: all’inizio del racconto Scrooge riceve la visita di due gentiluomini che lo invitano a fare un’offerta per aiutare i più poveri, ma lui li caccia in maniera molto fredda lasciando trasparire che più i poveri muoiono, meno pesano sulla società. Questa agghiacciante teoria è la sintesi del pensiero di Thomas Robert Malthus (1766-1834) che segnò profondamente l’Inghilterra vittoriana fino all’arrivo di Dickens e della sua letteratura socialmente impegnata.

Canto di Natale

Dickens, inoltre, ci mostra una società chiamata all’azione: in Canto di Natale non c’è alcuna scusa per non lasciarsi contagiare dallo Spirito del Natale. Qualunque ceto sociale è chiamato a festeggiare perché il Natale che inventa Dickens è un Natale che si esprime in un senso di generosità intimo che affiora come un sorriso e in un pensiero caritatevole non solo verso la povertà economica, ma anche, e soprattutto, verso quella di spirito (come dimostrano i Cratchit che dal buio della loro miseria riescono a brindare all’avaro Scrooge con un sorriso, così come il nipote che alza il calice in favore dello zio augurandogli di trovare un briciolo di amore).

Dickens si inventa anche l’espressione “Buon Natale” mai comparsa prima nella letteratura e del tutto inesistente nel linguaggio comune dell’epoca.

Canto di Natale è il racconto che ha cambiato una società ed è anche la storia di un uomo, Dickens, che ha saputo uscire dalla sua condizione di miseria portando con sé un senso di riconoscenza e dignità da riservare agli altri, base fondamentale della società che l’economia vorrebbe stratificare in ceti e che la gratitudine è in grado di sciogliere come il cuore di Ebenezer Scrooge.


Scopri di più da La Parola Giusta

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

4 pensieri riguardo “Libri in poltrona: Canto di Natale

Scrivi una risposta a Lorenzo A. Avanzini Cancella risposta

Scopri di più da La Parola Giusta

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere