Una delle figure meglio riuscite della letteratura gotica è senza dubbio quella di Dracula, il vampiro tenebroso che assedia Londra e grava come un ombra sui lettori.
A detta della critica, però, si tratta di un romanzo non scritto particolarmente bene ed è indubbio che Dracula non sia il primo vampiro della letteratura: allora com’è possibile che sia diventato un vero e proprio simbolo del mondo gotico e ancora oggi sia amato da milioni di lettori?
Vampiri dal passato
Prima di arrivare al Dracula di Bram Stoker è necessario dare uno sguardo alla storia del vampirismo: già in Mesopotamia esistevano figure assimilabili ai vampiri moderni così come in molte altre tradizioni folcloristiche dell’Antichità.
Sebbene non fossero esattamente come li conosciamo oggi, i vampiri del passato avevano in comune il fatto di essere risorti dalla morte per nutrirsi degli uomini.
Col passare del tempo la figura del vampiro divenne parte delle leggende con maggiori o minori fortune, fino sopravvivere nella tradizione popolare.
Il vampiro che conosciamo oggi deve molto al folclore balcanico e slavo grazie anche alla Controversia sui vampiri del XVIII secolo.
La Controversia sui vampiri del XVIII secolo
Per capire questo fatto storico è necessario fare un passo indietro nell’Europa del Settecento; in quel periodo nelle grandi città si stava velocemente diffondendo un’idea di mondo nuovo che venne poi chiamato Illuminismo, ossia il trionfo della scienza sulla superstizione.
Al fervore cittadino, però, si contrapponeva una vastissima parte della popolazione che viveva nelle campagne con una forte vocazione agreste e che si alimentava principalmente di leggende e racconti.
In particolare nelle regioni balcaniche il territorio si componeva di sparuti villaggi, più o meno grandi, che spuntavano come isolette in mezzo a chilometri di boschi. L’elettricità non esisteva in quei luoghi e le notti erano ancora popolate di streghe, fantasmi e… vampiri.

Quando il già vastissimo impero Austro-ungarico inglobò nei suoi possedimenti i territori balcanici fu evidente che si doveva trovare un modo per controllarli e organizzarli: si scelse quindi di inviare nelle regioni degli Ufficiali imperiali che da una parte imponevano il rispetto delle leggi emesse a Vienna, dall’altra fungevano da termometri spedendo continui dispacci nella capitale sugli eventi e i problemi delle regioni che amministravano.
Proprio grazie a questi dispacci comparve per la prima volta in Europa il termine “vampiro” e una ricca serie di documenti che ne raccontavano le vicende.
Tra le più importanti (storicamente) c’è quella di Peter Plogojowitz (nel 1721) un contadino prussiano che morì improvvisamente.
Il figlio di Peter raccontò di aver ricevuto la visita del padre qualche giorno dopo la sua morte: Peter gli chiese del cibo ma il figlio, spaventato, si rifiutò di assecondare la richiesta. La mattina seguente anche il ragazzo venne ritrovato morto. Dopo quegli eventi furono diverse le persone che morirono nello stesso villaggio in maniera apparentemente inspiegabile. Subito si diffuse la notizia che Peter si era trasformato in vampiro.
Il corpo del contadino venne riesumato e una volta aperta la bara ci si accorse che le unghie e i capelli erano cresciuti, che la salma aveva un bel colorito roseo e la sua bocca era piena di sangue. Si procedette quindi a uccidere il vampiro conficcandogli un paletto nel petto e bruciandone il corpo.
Questo e numerosi altri avvenimenti simili vennero documentati con dovizia di particolari e raggiunsero Vienna diffondendosi velocemente come curiosità.
La situazione nei Balcani però divenne presto insostenibile poiché il continuo susseguirsi di casi simili diede origine a una vera e propria isteria collettiva per la quale non solo i corpi venivano riesumati e trattati come vampiri ma capitava spesso che, nei casi di morti sospette, si procedesse a impalare e bruciare i corpi senza nemmeno una sepoltura.
L’isteria continuò a crescere fino al 1755 quando intervenne l’Imperatrice in persona: Maria Teresa d’Austria, per porre fine alla controversia, inviò nei territori il suo medico personale per verificare se l’impero rischiasse davvero un’invasione di vampiri.
Il medico concluse che il vampirismo non esisteva e Maria Teresa promulgò una legge con la quale imponeva il divieto assoluto di esumare i cadaveri e il loro scempio, e invocava pene severe non soltanto per chi non rispettava la legge, ma anche per chi non la faceva applicare inviando in questo modo un deciso monito agli Ufficiali Imperiali.
Quella fu la fine della Controversia sui vampiri del XVIII secolo; probabilmente per paura di ritorsioni gli Ufficiali smisero di documentare i fatti, mentre nella realtà è possibile che le pratiche di eliminazione dei cadaveri siano proseguite ancora per alcuni anni.
La Chiesa e i vampiri
Qual era la posizione della Chiesa nei confronti del vampirismo balcanico? Da una parte il vampiro apparteneva a leggende che le autorità religiose stavano cercando di estirpare da decenni, dall’altra erano un’occasione molto ghiotta per affermare il proprio potere.
Come detto, la scienza si stava affannando per dare una spiegazione del mondo in chiave logica, cancellando le superstizioni in favore di idee più razionali: il problema era che Dio rischiava di finire tra quelle superstizioni da abbandonare e la Chiesa temeva di perdere il proprio potere temporale al cospetto di legge scientifiche sulle quali non aveva giurisdizione.
I presunti casi di vampirismo nei Balcani erano quindi una valida occasione: i vampiri erano corpi posseduti da spiriti malvagi e solo la forza della Fede (e di Dio) potevano agire su di loro. Ammettere che i vampiri non esistevano avrebbe significato sottolineare l’inutilità della religione come difesa dal male.

Maria Teresa d’Austria, con la sua legge, ottenne non solo di tacitare le superstizioni locali, ma anche di ergersi al di sopra della chiesa locale e di quella romana. Maria Teresa, infatti, non solo aveva vietato l’accanimento sui corpi, ma imponeva anche che tutti i casi di sospetto vampirismo venissero documentati e inviati a Vienna perché fosse lei in prima persona a stabilire se era necessario o meno bruciare il cadavere del presunto vampiro: l’Imperatrice era dunque il giudice supremo della questione.
Dalla storia alla letteratura
Nonostante verso la metà del Settecento la Controversia sui vampiri si concluse, la tradizione folcloristica era ormai diventata di dominio pubblico in tutta Europa stimolando la creatività degli scrittori dell’epoca che stavano velocemente abbracciando la nuovissima corrente gotica.
Già cento anni prima della comparsa di Dracula venne pubblicato La sposa di Corinto nel quale Goethe raccontò inquietanti vicende vampiresche. Anche in numerosi Penny Draedful comparvero i vampiri.
La chiave di volta però è rappresentata da Il Vampiro di John William Polidori. Il romanzo venne ideato a villa Diodati durante “l’anno senza estate” grazie a una sfida tra autori annoiati che diede i natali anche al capolavoro di Mary Shelley, Frankenstein.
Il romanzo di Polidori traccia una linea netta tra il vampirismo del passato e quello moderno: il suo vampiro Ruthven, infatti, è un Lord, distante anni luce dai contadini delle superstizioni balcaniche.
Ma allora perché non è Polidori a essere considerato l’inventore del vampiro moderno?
Lord Ruthven ha caratteristiche nobiliari che lo elevano dai suoi predecessori, ma è carente dei tratti capaci di renderlo protagonista della narrazione che invece caratterizzano il Dracula di Stoker.
La nascita di Dracula
Dopo la morte di Stoker tra i suoi documenti vennero ritrovati diversi articoli di giornale relativi a un caso inquietante avvenuto molto vicino a lui.
I fatti si svolsero in un villaggio dell’Essex nel 1894 e riguardavano la giovane Mercy Brown: la ragazza si era improvvisamente ammalata perdendo l’appetito e divenendo sempre più pallida fino al momento della morte. Poco tempo dopo anche il fratello iniziò a manifestare gli stessi sintomi. Subito iniziò a circolare la voce che la giovane fosse diventata un vampiro.
Il padre di Mercy, per cercare di salvare la vita del figlio, fece esumare il corpo della ragazza: capelli e unghie erano cresciuti, le sue gote erano rosee e il petto gonfio mentre rivoli di sangue scendevano dalla bocca della giovane. Si scrisse anche che al momento dell’apertura della bara la ragazza avesse emesso un verso gutturale e terrificante.
Non c’erano dubbi che si trattasse di un vampiro così si ricorse alla solita procedura: una volta bruciato il cadavere le sue ceneri vennero fatte bere al fratello, ma non servì a salvare la vita del ragazzo che morì poco tempo dopo.
Oggi sappiamo che è lo stato in cui venne rinvenuto il corpo di Mercy è parte del processo di decomposizione: la pelle, ritirandosi, fa sembrare che capelli e unghie si siano allungati, mentre la putrefazione degli organi interni crea l’accumulo di gas nella cassa toracica dando l’impressione che lo stomaco sia pieno. Lo stesso processo spinge il sangue nei tessuti (conferendo un colore rosato alla pelle) e lungo l’esofago fino a fuoriuscire dalla bocca.
Il verso gutturale che Mercy avrebbe emesso è stato probabilmente causato da una differenza di pressione all’apertura della bara, esattamente come gli sbuffi di polvere che si vedono spesso nei film quando vengono scoperchiati i sarcofagi dei faraoni.
In base ai sintomi è possibile stabilire che Mercy e suo fratello siano morti a causa della tubercolosi.
Ma se Stoker si era documentato così bene su questo caso avvenuto nel suo stesso Paese, perché ha deciso di trasformare Dracula in un mostro proveniente dalla Transilvania?
Lo straniero che fa paura
Storicamente la Transilvania e le regioni attigue hanno rappresentato l’estremo confine dell’Europa, il punto oltre al quale esisteva solo l’ignoto e il pericolo. Lo stesso Vlad III al quale Stoker si sarebbe ispirato era un voivoda, ossia un principe locale, che ha passato l’intera vita a combattere la minaccia di un’invasione ottomana che avrebbe dilagato poi in tutta Europa mettendo in pericolo la cristianità.
Sebbene oggi Vlad III sia una figura inquietante a causa della violenza con la quale puniva i nemici, ai suoi tempi era considerato come un eroe nazionale per la strenua difesa dimostrata nella conservazione dei confini.
Stoker sceglie di utilizzare per il suo personaggio la figura dello straniero che si trova oltre il confine e che mira a invadere l’Inghilterra. Lo stesso Dracula, quando si presenta al giovane Harker annovera diversi terribili conquistatori che sarebbero nel suo albero genealogico (dai Vichinghi al terribile Attila).
Stoker quindi ci dice fin dal principio che Dracula è una minaccia perché è lo straniero che mira a conquistare e quindi a mettere in pericolo gli equilibri del mondo; per farlo, inoltre, utilizza il contagio del sangue diffondendosi come una malattia che colpisce dall’interno.
Dracula non solo arriva per regnare sull’Inghilterra, ma lo fa senza troppo clamore, senza un vero esercito ad assalire i confini, ma nascondendosi nella nebbia, rimanendo nell’ombra e creando il proprio battaglione dall’interno (come sa a sue spese la povera Lucy).
Cosa c’è di più inquietante di un personaggio del genere, pronto a cancellare la razza umana con poteri oscuri?

È interessante notare che Stoker sceglie di non esporre il suo vampiro: Dracula è il personaggio che compare meno all’interno della vicenda.
Questo proprio per aumentarne il potere minaccioso: Dracula permea ogni pagina, è in ogni azione dei personaggi, eppure non conosciamo mai la sua voce diretta (come ci si aspetterebbe in un romanzo epistolare a più voci), rimane sempre nell’ombra pur essendo un passo avanti. Lui è la minaccia.
Eppure Stoker ce lo descrive in maniera molto precisa a differenza degli altri personaggi i cui aspetti fisici sono inesistenti o appena accennati. Come mai questa scelta se l’idea è quella di rendere Dracula un mistero?
Stoker vuole che il lettore veda Dracula, che lo immagini fisicamente ma che non possa capirne le scelte e le ambizioni. Così facendo fa coincidere il lettore con i personaggi: entrambi sono in balia del vampiro e possono solo ricorrere a supposizioni per tentare di difendersi.
Il fascino di Dracula è legato anche a una sua forte carica sessuale, ma perché?
Durante l’Epoca Vittoriana l’uomo dall’aspetto pallido e scavato erano il prototipo sociale del masturbatore e noi sappiamo che Stoker ci tiene a passare al lettore questa idea grazie a un dettaglio fisico: la presenza di peli sul palmo delle mani del vampiro.
In quel periodo, infatti, si riteneva che la masturbazione provocasse la crescita di peli sui palmi (esattamente come poi si è passati a credere che rendesse ciechi).
Dracula quindi ha una forte carica erotica che si esplica anche nel suo rapporto con Lucy (e poi Mina): il vampiro è seducente, è capace di uccidere con sensualità. Persino Jonathan Harker, nonostante il pericolo, dimostra più volte di essere affascinato dal suo aguzzino.
La linea tra il passato e il presente
Stoker però rende universale la battaglia con Dracula: il vampiro senza età che giunge dai confini del mondo per conquistarlo con arti oscure si contrappone alla modernità, alla società evoluta.
Dracula arriva da un mondo ancora fatto di feudi a minacciare un Paese nel quale è la borghesia che la sta facendo da padrone. Un mondo rurale contro le innovazioni delle rivoluzioni (sociali e industriali).
I suoi antagonisti lo combatteranno con i prodigi della scienza: energia elettrica, trasfusioni di sangue e fonografi.
È la modernità a sconfiggere Dracula e il mondo che rappresenta: il conte fugge dall’Inghilterra in nave mentre Van Helsing sceglie di inseguirlo con il mezzo di trasporto che in quel periodo stava cambiando la geografia mondiale, il treno. E non con un treno qualunque, bensì con l’Orient Express, il mezzo di trasporto più straordinario che si potesse immaginare all’epoca.
È grazie all’Orient Express che le forze del bene possono anticipare e sconfiggere quelle del male.
La modernità è l’unica cosa che consente a Van Helsing e company di vincere, se Dracula avesse cercato di invadere l’Europa cinquant’anni prima non avrebbe avuto ostacoli.

Il Makt Myrkranna
Nel 1900, ad appena tre anni dalla pubblicazione di Dracula, in Islanda ne comparve una traduzione dal titolo Makt Myrkranna (I poteri delle tenebre) a opera di Valdimar Asmundsson e con la prefazione dello stesso Stoker.
Il testo non venne più ritradotto fino al 2014 quando casualmente ci si rese conto che il Makt Myrkranna non aveva poi molto in comune con l’originale.
Il romanzo presenta diversi personaggi che non compaiono nel testo di Stoker, scene inesistenti e i nomi dei protagonisti cambiati.
Si tratta quindi non di una traduzione ma di una riscrittura che vanta un ritmo molto sostenuto e una carica avventurosa molto elevata al punto che diversi ricercatori sostengono che sia la versione migliorata del Dracula di Stoker.
E proprio Stoker è l’elemento misterioso della vicenda: sappiamo che tra lui e Asmundsson esiste una fitta corrispondenza legata proprio al romanzo e che lo scrittore irlandese scrisse la prefazione della prima edizione de I poteri delle tenebre: possibile che Stoker fosse consapevole che l’Islanda stava per essere invasa da una versione del tutto originale del suo romanzo?
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Argomento molto interessante. Ho letto Dracula di Stoker anni fa e mi era piaciuto, ma ora con le informazioni aggiuntive che ho letto in questo articolo credo che lo riprenderò in mano per poterlo leggere con “occhi” diversi. Il genere gotico, poi, tira sempre. 😁😁
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Eh, caro… il gotico è sempre il gotico! ahaha
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Dopo aver letto questo articolo completo non si può che (ri)leggere Dracula!
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Anche perché è proprio un bel libro!
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Mai letto Dracula ma mi piacciono i libri a tema gotico: mi sono persa il classico per eccellenza del genere, quindi dovrò rimediare in fretta.
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Direi proprio di sì! ahaha
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Ciao, mi sono fatta regalare Dracula e ho iniziato la lettura: mi sta piacendo molto.
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Bravissima! E grazie per il commento!
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