Recensione: La quarta profezia

La quarta profezia di Glenn Cooper, Nord, 2022 (traduzione di Barbara Ronca)

Cal Donovan è un professore di Harvard, bello, affascinante, dotato di una mente brillante. Insomma, il classico protagonista perfetto per risolvere una storia tutta enigmi e donne seducenti.

A causa di una precedente esperienza, Cal è anche un caro amico del pontefice Celestino VI che è in procinto di santificare Lucia dos Santos, che da bambina aveva assistito alle apparizioni mariane a Fatima, in Portogallo.
Ma poche settimane prima dell’evento che avrà, come immaginato, una risonanza mondiale, il pontefice riceve una lettera nella quale gli si intima di dimettersi prima della messa in onore di Lucia.
Il Santo Padre non può fare altro che chiedere l’intervento di Cal, anche perché nella lettera si menziona un quarto segreto di Fatima rimasto nascosto per anni e pronto a incombere sulle sorti della Chiesa.
Cal dovrà mettercela tutta per scoprire la quarta profezia prima che sia troppo tardi, anche perché pare che ci sia qualcuno disposto a tutto pur di impedire il successo della sua missione.

Un viaggio tra Italia, Inghilterra, Francia e Portogallo. Un mistero da svelare. Una corsa contro il tempo.

Donovan è un personaggio che non si riesce proprio ad amare secondo me: troppo perfetto per essere vero, sempre con una soluzione pronta (mi chiedo quanti professori nel mondo reale sarebbero in grado di fare quello che fa lui), quel che è peggio è che Cal non conosce la modestia: è bravo e lo sa, è bello e lo sa, è pieno di amici potenti e lo sa.
Ma questo è l’unico difetto di questo libro perché l’argomento e la scrittura sono senz’altro in grado di attirare l’attenzione e trattenere il lettore avvinto alla vicenda.
Cooper è davvero bravo: solitamente questo genere di romanzi attinge a misteri millenari in seno alla Chiesa, questa volta si parla di un pericolo che arriva dal secolo scorso ma non lascia indietro nulla della suspense tipica.