Elefanti a rischio estinzione: perché è un problema per il pianeta e come intervenire

Nel marzo scorso l’IUCN (International Union for Conservation of Nature) ha ufficialmente inserito gli elefanti africani nella lista degli animali in via d’estinzione. Ma le conseguenze potrebbero essere più gravi del previsto.

Gli elefanti sono da sempre considerati animali particolarmente intelligenti. Studi condotti nel tempo hanno dimostrato la loro capacità di riconoscere loro stessi davanti ad uno specchio, di gestire il branco, ma anche di provare dolore per la perdita di un compagno e adottare i cuccioli rimasti orfani.
La loro struttura gerarchica prevede un sistema matriarcale e di recente si è scoperto che, quando un membro del branco muore, sono in grado di mostrare collettivamente il lutto e una forma di seppellimento.

Per i popoli primitivi l’elefante era simbolo di lungimiranza, saggezza e memoria, oltre che coraggio.
Per gli Indù il dio Ganesh, dalla testa di elefante, rappresenta colui che ha sconfitto la sua paura.

Sebbene da anni i monitoraggi relativi allo stato di salute di questo animale destassero preoccupazione, solo nel marzo scorso si è deciso di inserire questa specie tra quelle in via d’estinzione.
I problemi che questi animali devono affrontare per la loro sopravvivenza sono molti, ma quasi tutti legati alla presenza dell’uomo.
Hanno fatto il giro del mondo le immagini degli elefanti cingalesi che rovistano tra i rifiuti alla ricerca di cibo dopo la drastica riduzione del loro territorio da parte dell’uomo.

La situazione peggiore la vivono gli elefanti africani di entrambe le specie (di savana e di foresta), la cui popolazione in soli 7 anni si è ridotta di oltre il 30% secondo il WWF.

Ma perché gli elefanti sono importanti per la sopravvivenza dell’uomo?

La prima voce di reddito della maggior parte dei Paesi africani è il turismo. La scomparsa degli elefanti, tra gli animali più amati durante i safari, avrebbe una netta ripercussione sul turismo.
Se questa importante risorsa dovesse subire un arresto, le popolazioni locali sarebbero costrette alla migrazione verso territori più ricchi, dando via ad un fenomeno a catena che rischia di trasformarsi in una delle maggiori migrazioni economiche di massa dell’era moderna.
Secondo una ricerca, l’avorio di un elefante ucciso è in grado di immettere sul mercato un valore pari a circa 18.500 € secondo uno studio di David Sheldrick Wildlife Trust. Sempre secondo questa ricerca, il turismo che un animale in salute è in grado di generare nei suoi circa 70 anni di vita ha un valore di 1,4 miliardi di euro.
Un motivo più che valido per sostenere l’ecoturismo.

Non tutti lo sanno, ma gli elefanti sono, insieme ad alcune specie di uccelli, i più grandi diffusori di biodiversità della Terra.
Le foreste dell’Africa Centrale sono seconde solo all’Amazzonia per capacità di immagazzinare CO2; questo è dovuto agli alberi di grandi dimensioni capaci inoltre di modificare il microclima locale.
La scomparsa degli elefanti (che ha raggiunto il 90% negli ultimi 50 anni), sta impedendo alle nuove foreste di nascere. Attraverso il loro sterco, questi grandi animali forniscono infatti non solo fertilizzante, ma anche una capillare diffusione dei semi, anche di quelle piante che impiegano centinaia di anni per raggiungere dimensioni considerevoli.

Gli elefanti sono anche grandi camminatori e durante la loro vita percorrono migliaia di chilometri durante i quali, secondo questo studio, trasportano fino al 50% dei semi presenti nella foresta.


Interrompendo questo ciclo di sostituzione, quando gli alberi moriranno o saranno disboscati, non ci sarà una vegetazione in grado di sostituirli; questo provocherà il progressivo impoverimento e la desertificazione del suolo con le conseguenze che possiamo immaginare.

Le dimensioni degli elefanti li rendono anche importanti per gli altri animali: alcuni trovano riparo sul loro corpo, altri utilizzano le brecce che aprono con la loro migrazione, ma sono molti gli animali (di piccole e medie dimensioni) che sopravvivono grazie alle buche che scavano questi pachidermi.
Con le loro zanne, infatti, riescono a scavare il terreno per cercare acqua, modificando il paesaggio e permettendo a molte specie di sopravvivere.

Cosa possiamo fare?

Per chiunque è evidente l’impatto ambientale che la riduzione della popolazione di elefanti ha sul pianeta, ripercussioni che non si limitano al loro territorio, ma che coinvolgono la popolazione locale, l’economia dei Paesi africani (sempre molto precaria), con le conseguenze mondiali che tutti conosciamo.

Possiamo fare la nostra parte: il pericolo numero uno per questi animali sono i bracconieri e interrompere questo mercato avrebbe un effetto molto rapido. Evitare di comprare prodotti realizzati in avorio quando si visitano questi luoghi è un buon inizio.

Se vogliamo che le prossime generazioni possano godere dello spettacolo degli elefanti dobbiamo preferire una fotografia a un souvenir in avorio.

Un altro modo per dare una mano a queste creature è boicottare il loro sfruttamento: a tutti i turisti piacerebbe fare un viaggio a dorso di elefante come un vero esploratore, ma questi animali sono spesso maltrattati, malnutriti e percossi per essere il fiore all’occhiello della vacanza di qualche straniero.

Ma se amate gli animali e volete a tutti i costi la vostra foto con gli elefanti potete scegliere tra un safari fotografico o un soggiorno presso una delle associazioni che si occupa di questi pachidermi.

In Kenia hanno scoperto da tempo che un elefante vivo vale molto di più di un paio di zanna, per questo è nato il Namunyak Wildlife Conservancy, un’associazione che si occupa della salvaguardia e della tutela di questi animali.
La particolarità è data dal fatto che non si tratta di un gruppo di ricercatori, scienziati o imprenditori su larga scala che hanno fiutato il business, ma della popolazione locale.
Nella Contea di Samburu infatti lavorano solo gli abitanti del luogo, che accompagnano i turisti all’incontro con gli elefanti, ma prima di tutto si occupano di loro come membri della gruppo.
Le loro pagine social sono molto apprezzate anche da personaggi famosi come Leonardo di Caprio.

Se gli elefanti africani sono seriamente in pericolo, anche quelli asiatici non se la passano meglio. Nel nord della Thailandia, però, si trova l’Elefant Nature Park, un progetto nato dalla determinazione e dalla forza di una donna che dopo aver salvato un elefante dallo sfruttamento non si è più fermata.
Oggi è possibili visitare il parco dove sono trasportati animali orfani, feriti o liberati dalla schiavitù. Si può passare una giornata o anche più di un giorno in compagnia dei volontari e degli elefanti, partecipando al pasto o al bagno. Un’esperienza davvero toccante.

Infine in Sri Lanka, a Pinnawala, si trova l’Orfanotrofio degli elefanti. Questo straordinario Paese ha vissuto un guerra sanguinosa che ha portato alla militarizzazione di molte zone e ancora oggi uomini e animali rischiano di rimanere feriti dall’esplosione di una mina.
Molti animali presenti nel parco sono orfani, o menomati a causa dell’uomo, ma non per questo dimostrano meno affetto. Anche qui è possibile partecipare alle attività ricreative degli elefantini, alla poppata o al bagnetto nel fiume.

La sopravvivenza degli elefanti è strettamente legata alla salute del pianeta: proteggere questa specie così sensibile e intelligente è un atto che d’amore verso la natura e verso di noi.


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5 pensieri riguardo “Elefanti a rischio estinzione: perché è un problema per il pianeta e come intervenire

  1. Che essere disgraziato è quello che uccide o fa del male agli animali, e per cosa poi, per mero “divertimento” o per guadagno (soldi, sempre soldi). Sono disgustata e molto preoccupata per le sorti dell’ambiente naturale di questo scellerato pianeta.

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    1. Ognuno di noi deve fare la differenza nel proprio piccolo attraverso le singole scelte. Una persona con un’arma è una persona con un’arma, tante persone con un’arma sono un esercito!

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